Buongiorno Ponte, sperando che lo sia per lei e per chi la calpesta.
Ha avuto riscontro mediatico recentemente la scoperta del suo vero e proprio nome, dall’anonimato in cui era relegato da tempo – perchè immaginiamo ne abbia vista di acqua passare sotto di lei.
Quindi se ha tempo per noi vorremmo rivolgerle qualche domanda, prendendo spunto dalle “interviste impossibili” e dal famoso questionario proustiano.

Ecco per prima cosa: perché questo nome?

Mi sono sempre chiamato “ponte di ferro”, per distinguermi dal “ponte di pietra” poco più in là. Poi al ponte di pietra hanno dato il nome di Alda Merini, giustamente, perché la somma poetessa abitava proprio lì di fronte. A me hanno dato questo nome, ma non veramente, è una sorta di gioco. Mi aspetto qualcosa di più: alla fine qui in zona ci abitano tante persone famose e importanti, sicuramente più di questo Enrico Molteni.

Come affronta i cambiamenti? È spaventato da come stanno cambiando Milano e i suoi Navigli?

Io sono sempre lo stesso. Mi spaventa questa ondata di bar di merda che pian piano dalla Darsena sta risalendo la Ripa. I bar coi narghilè e gli spritz a cinque euro al litro, coi buttadentro e i buffet di roba scaduta, con la musica orrenda sparata da casse da quattro soldi. Fortunatamente qui vicino a me la dignità tiene ancora botta, le attività più vicine sono tutte di livello.

Sono cambiati i piedi in questi anni?

Non molto, la cosa che è cambiata di più sono i calzini: stanno scomparendo. Ma non solo d’estate, quello si può anche capire. D’inverno, quando fa un freddo becco, l’umidità, lo schifo ghiacciato, e tutta questa gente nei piumini, con sciarpe e guanti, ma senza calzini. I calzini non si usano più.

Ha una tipologia di calzatura preferita?

Sì, le Carel di vernice rossa.

C’è un periodo dell’anno che preferisce? Magari proprio in base alle calzature che indossano i suoi passanti?

Sa, io sono di ferro, cambia poco. Non amo molto i periodi in cui non c’è acqua, mi fa sentire inutile. (Forse non tutti sanno che dalla costruzione stessa del Naviglio Grande, ciclicamente i canali vengono portati in secca per eseguire operazioni di pulizia e manutenzione del fondo, delle sponde e delle infrastrutture funzionali.)

Quale sarebbe la più grande disgrazia per lei?

Sono vecchio, arrugginito, io temo che prima o poi potrebbero sostituirmi con uno più giovane.

Il suo fiore preferito?

Due domeniche all’anno, ad aprile e ottobre, si svolge la manifestazione “Fiori e sapori sul Naviglio Grande”. Mi riempiono letteralmente di fiori di tutti i tipi, rendendomi bellissimo e profumatissimo, la gente quando mi vede si emoziona e sospira forte.

Il tuo passatempo preferito invece, o quello che ti piacerebbe fare se non fossi fisso lì a guardare l’acqua e il cielo?

Mi piace molto contare le persone.

La frase che ha sentito più spesso pronunciare al tramonto?

“Rück ein bisschen weiter, du stehst im Gegenlicht. Ja, so ist gut, bei meiner Drei lächelst du, okay? Eins, zwei… DREI!”

La cosa che fanno più frequentemente coloro che si fermano su di lei?

Sicuramente le foto, soprattutto al tramonto. C’è un momento in cui il sole diventa arancione, in perfetta prospettiva. Sembra entrare nel Naviglio. Lì la gente si scatena, oddio quanti clic!

Lasci scritto il suo motto della vita o qualcosa che vorrebbe scritto/inciso invece di lucchetti e catene accanto alla sua targa:

Vorrei un menestrello all’imbrunire a cantare le canzoni di Simon & Garfunkel, Bridge Over Troubled Water in primis:

When you’re weary
Feeling small
When tears are in your eyes
I’ll dry them all
I’m on your side
Oh, when times get rough
And friends just can’t be found
Like a bridge over troubled water
I will lay me down

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